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Ricerca falda nei depositi lateritici
della città di Jangany (Madagascar)

Scopo dello studio e metodologie applicate.

L’obiettivo di questo studio è quello di trovare dei possibili siti, nei pressi della città di Jangany in Madagascar, in cui poter realizzare dei pozzi ad uso potabile.
Le indagini geofisiche applicate in questo caso di studio mirano ad individuare una possibile falda superficiale, o se possibile più profonda, rispetto a quelle attualmente sfruttate, e di individuarne la posizione nel sottosuolo in modo da poter costruire dei pozzi in modo consono e che possano dare dei risultati soddisfacenti, cioè un rendimento tale da soddisfare il fabbisogno sempre crescente della città.
La geofisica utilizza dei metodi di indagine indiretti, in quanto non permettono di osservare direttamente le caratteristiche fisiche e meccaniche di ciò che c’è nel sottosuolo, come nel caso di una perforazione, ma lo indagano indirettamente tramite la propagazione ed acquisizione di campi energetici di diversa natura. A seguito di un’indagine geofisica, la struttura del sottosuolo viene ipotizzata basandosi sulla risposta che esso offre al passaggio di tale energia.
Per questo lavoro si è ritenuto più consono l’utilizzo del metodo elettromagnetico TDEM (Time Domain ElectroMagnetic), in quanto sensibile alle variazioni di resistività elettrica nel sottosuolo, e quindi capace di individuare una possibile falda. La resistività elettrica del sottosuolo è infatti strettamente dipendente, tra altri parametri, dal suo contenuto d’acqua. Alcuni aspetti vantaggiosi di questo metodo sono quello di permettere misure in aree molto estese in tempi brevi e di poter sfruttare strumentazioni leggere, in modo da agevolare le problematiche logistiche. Per quanto riguarda gli svantaggi di questo metodo: la forte suscettibilità in presenza di strutture metalliche o reti elettriche limitrofe alla zona di acquisizione dati e la necessità di avere dei dati pregressi, come studi o perforazioni fatti precedentemente nella stessa zona di interesse, in modo da poter interpretare al meglio i risultati.
Il metodo TDEM permette di indagare il sottosuolo utilizzando degli impulsi elettromagnetici (campo elettromagnetico primario) generati dall’induzione di corrente elettrica all’interno di una o più spire trasmittenti poste al di sopra dell’area che si vuole studiare; queste spire solitamente vengono posizionate in modo da formare un quadrato che varia di dimensione in base all’obiettivo da indagare, generalmente all’aumentare della dimensione della spira aumenta la profondità di indagine a discapito di una minore risoluzione superficiale. Nel nostro caso, nella maggior parte delle acquisizioni fatte, sono state utilizzate spire con lato di 50 m.
Il campo elettromagnetico primario che si propaga a partire dalla superficie produce, incontrando le formazioni indagate, un campo secondario, il quale contiene le informazioni che ci interessano, cioè le variazioni di resistività nel sottosuolo. Il campo magnetico secondario è misurato dalla spira ricevente, che nel caso del TEM-Fast (strumento utilizzato per questa indagine) corrisponde a quella trasmittente, in seguito all’interruzione della corrente nel circuito.
I dati così ottenuti necessitano di essere elaborati e ciò avviene durante la fase di processing, che per questo lavoro consiste nel trasformare il segnale acquisito dalla strumentazione in resistività elettrica reale e profondità mediante l’utilizzo di software.