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Le molteplici e straordinarie produzioni lattiero-casearie dell’Africa

Il latte e i suoi derivati sono da sempre componenti importanti di molte civiltà pastorali dell’Africa. Oltre al loro valore nutrizionale e, in molti casi, economico, latte e derivati hanno spesso un grande significato sociale e culturale. A seconda della tipologia e del metodo di produzione, in Africa si trovano formaggi freschi, formaggi stagionati, formaggi fermentati e altri derivati del latte e del burro.

Queste tipologie danno origine ad una gamma straordinaria di prodotti locali dove tradizione, cultura, condizioni e vincoli ambientali giocano un ruolo fondamentale.
Anche se diffusi solo in pochi Paesi, i formaggi freschi africani hanno origini antichissime. In Algeria il più noto è il “Klila” prodotto e descritto già dal 1855; in alcune zone rurali le donne lo conservano in borse di pelle di capra chiamate “Mezwed”. Il formaggio fresco più diffuso in Benin, Nigeria e Togo settentrionale è il “Warankasi” (o wagashi o waragashi o woagashi), prodotto dalla coagulazione del latte (vaccino o caprino) con un enzima presente nelle foglie della cosiddetta “mela di Sodoma” (Calotropis procera).

In Egitto la produzione di formaggio fresco è testimoniata sin dal periodo faraonico; oggi il più diffuso è il “Kariesh”, prodotto con latte bovino o di bufala. L’Ayib è un formaggio a pasta molle e acido, tipico di molte regioni dell’Etiopia, ed è ricavato dal latticello risultante dalla zangolatura di latte intero acido. Simile alla Feta greca è il “Gibna” del Sudan, prodotto sin dal XVIII secolo da alcune famiglie greche che emigrarono in questo Paese.
Al contrario dei formaggi freschi, sono pochi gli esempi di formaggi stagionati. Infatti, ad eccezione del Nord Africa, in altre parti del continente questi prodotti non sono diffusi. L’Egitto è il più importante produttore di formaggi stagionati; i più diffusi sono il Domiati (o domyati), formaggio prodotto con latte bovino o di bufala o una loro miscela; il Tallaga, non salato, e il Mish, prodotto anche in Sudan.

In Algeria è prodotto il Bouhezza, formaggio di latte caprino o ovino e vaccino stagionato in una borsa di pelle di capra (chekoua), e l’Aoules. Più a Sud, in Mali e Niger, sono prodotti il Touaregh e il Tchoukou con latte ovino, bovino o caprino.

Diffusissimo in tutta l’Africa è il consumo del latte fermentato; la fermentazione è nota fin dai tempi dei Faraoni e avviene generalmente in modo spontaneo grazie all’attività enzimatica dei batteri lattici. Il latte fermentato ha un importante valore socio-economico a causa della bassa energia richiesta dal processo di produzione e dell’alto valore nutrizionale. I protocolli di produzione differiscono tra le varie regioni africane. In Algeria e Nord Africa il latte viene fatto fermentare per ottenere l’lben (o leben, laban, labna o labneh); in Egitto è consumato lo “Zabady”, forse il più vecchio latte fermentato conosciuto al mondo. I Paesi saheliani utilizzano contenitori di argilla per produrre il latte fermentato, come il Nyarmie dei Fulani del Ghana, o il Nono, o Nunu. In Sudan il latte fermentato più importante è il Rob (chiamato anche roub o robe), che viene prodotto nelle zone rurali utilizzando il surplus di latte prodotto durante la stagione delle piogge; il “Biruni”, invece, è originario della Nubia. Dal latte di dromedario si produce il “Gariss”, fermentato in borse trasportate dai dromedari che, con il loro movimento, ne provocano un continuo rimescolamento.
Nelle zone aride di Etiopia, Somalia, Kenya e Sudan, il latte di cammello viene tradizionalmente utilizzato per realizzare una fermentazione spontanea e ottenere il Sussa o Suusac. In Etiopia con il latte crudo vaccino si producono l’Ergo, simile all’Urubu del Burundi, e l’Ititu, tipico delle popolazioni Borana del sud del Paese e riservato per le occasioni speciali. I Masai del Kenia consumano il Kule Naoto e l’Amabere Amaruranu, tipologie di latte fermentato, simili al Kwerionik ugandese, che nelle sue diverse varianti può essere conservato da pochi giorni a un anno. Il Kivuguto del Rwanda viene prodotto sia a livello familiare che a industriale, con ceppi selezionati, mentre il Masse del Mozambico è tuttora prodotto solo nei villaggi. Negli Paesi del Centro e del Sud del continente il latte fermentato è diffusissimo e prodotto con tecniche diverse e usando latte ovino, caprino o vaccino.In alcuni Paesi, come il Sud Africa, il latte fermentato è anche prodotto a livello industriale.
Uno dei principali vincoli che limita la commercializzazione e l’esportazione dei prodotti lattiero-caseari africani è la scarsa igiene del latte dopo la raccolta, la mancanza di una adeguata catena del freddo e, salvo alcuni casi, l’assenza di colture starter. Per questi motivi i formaggi africani e i latti fermentai non hanno quasi mai caratteristiche standardizzate, la loro durata di conservazione è breve e sono facilmente suscettibili al deterioramento.

A tale proposito, molte attività svolte dalla cooperazione sono finalizzate al sostegno e al miglioramento delle filiera dei prodotti lattiero-caseari, a rendere più sicuri i processi produttivi e a valorizzare le risorse locali.